Tina Merlin. La donna che disse la verità.
“Non c’è più niente, non c’è più nessuno.” ~ Tina Merlin, 9 ottobre 1963
Tina Merlin. Moglie, madre, cameriera, contadina, staffetta partigiana. Ma soprattuto indomita e caparbia giornalista dell’Unità, penna libera e unica voce degli ertani contadini a partire dal 1957. Una voce femminile, determinata e ferma, che denunciò tutti i pericoli di una diga alta 264 metri impennata come un’onda in cemento armato a sbarrare il passo al fiume Vajont. Una voce che gridò all’Italia intera, informando sui rischi di un bacino artificiale capace di contenere milioni di metri cubi d’acqua, creato “senza se e senza ma” sotto enormi frane antiche a forma di M, sul fianco del monte Toc.
Tina Merlin è la donna che urlò contro i poteri forti e maschi di quegli anni, contro la Sade di Giuseppe Volpi e quel progresso geologico-industriale che, invece, non guarderà in faccia a nessuno. Scrisse articoli passati alla storia, come “La Sade spadroneggia ma i montanari si difendono” e un libro: Sulla Pelle Viva.
Una donna, una ex partigiana, una comunista: quasi nulle le possibilità di essere creduta, se non da un manipolo di montanari ignoranti. Denunciata dalla Sade ma assolta dalla giustizia, Tina Merlin combattè in quegli anni una guerra di sillabe e inchiostro contro imprenditori senza scrupoli, geologi con la schiena curva, politici collusi e una società civile frastornata e ancora troppo acerba per comprendere i fatti lontani di quella sconosciuta valle friulana.
Il 9 ottobre 1963, la frana gigantesca a forma di M si staccò dal Monte Toc e precipitò nel lago artificiale del Vajont provocando un’onda gigantesca, che superò la diga per centinaia di metri seppellendo con terra, fango e detriti la cittadina di Longarone e gli altri paesi del fondovalle.
Morirono quasi 2000 persone.
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