A Monguelfo, tra pittori barocchi e castelli medievali.

By 18 Dicembre 2018 Sbagliando Strada

Monguelfo è un paese schivo ma molto generoso: tanti i tesori che vi aspettano qui.

Molti ci passano vicino senza neanche accorgersene, ed è quello che Monguelfo vuole. Il paese, incastonato tra Brunico e San Candido, lambito appena dalla Statale 49 della Valle Pusteria, non fa davvero nulla per attirare l’attenzione. L’unico cartello pubblicitario sulla strada è per la Valle di Casies e per la sua annuale gara di sci di fondo. Nient’altro.

Rotonda all’ingresso orientale di Monguelfo

Eppure Monguelfo merita una sosta, perché proprio qui, circondate dai boschi di cirmoli e abeti rossi, si nascondono scoperte per nulla scontate. Quattro passi in paese ed ecco subito le fontane: sono quasi una trentina e offrono un’acqua dalle ottime proprietà benefiche. Ce ne sono tante, disseminate nelle vie del  centro e anche nelle stradine meno frequentate. Ce n’è una anche nella piazza di Santa Margherita, accanto alla quale svetta un’edicola affrescata nel Quattrocento dall’illustre bottega di Michael Pacher.

Negozi, artigiani, hotel e ristoranti accompagnano la passeggiata e se si è stanchi il parco pubblico Prenninger è lì ad aspettarvi a braccia aperte. Giochi d’acqua e per bambini, panchine e campi sportivi accolgono i passanti a bordo del fiume Rienza, ombreggiati da grandi latifoglie piantate qui per volere dell’imperatore Francesco Giuseppe. Il sovrano sostò a Monguelfo alcuni giorni, soggiornando nel candido palazzo Zellheim sulla strada che conduce in paese.

Chiesetta di Maria am Rein

Il tempo di visitare la chiesetta di Maria am Rain ed è tempo di prendere la strada che sale in Valle di Casies. A piedi sul vecchio tracciato o in auto sulla provinciale 46 è questione di un chilometro, massimo due. Ed ecco il castello medievale, con il suo imponente mastio di 40 metri. Il consiglio è quello di contattare l’associazione e organizzare una visita guidata: tra le mura merlate, nel silenzio del bosco rotto soltanto dallo scroscio del torrente Pidig, le emozioni non deludono. Si resta affascinati dalle sale con le stube in cirmolo; atterriti dai cunicoli bui dove un tempo venivano gettati i prigionieri; ammirati per lo stato di conservazione dell’edificio e delle cappelle (una romanica e una cinquecentesca).

Il maniero fu costruito nel XII secolo dalla famiglia Welsperg: diede il nome al paese ma fu detestata dai suoi cittadini per le vessazioni a cui li costringeva. Fino alla vendetta finale: nel 1765 un rogo di origine dolosa devastò il castello insieme a quello di Thurn, sempre di loro proprietà. I resti di questa fortezza resistono a lato della provinciale, proprio di fronte al castello principale, controllando ancora oggi ogni accesso da e per la valle soprastante. E sono proprio i due manieri a salutarci: lentamente, a voce bassa, sussurrando un dolce “Auf Wiedersehen”.

 

 

 

 

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Be Vedetta. La Maremma di Anna Barberini.

By 6 Giugno 2018 Filo di Perle

Be Vedetta è un resort, un glamping, un B&B. Un punto di ripartenza, dove riconnetterci con la natura e con noi stessi.

Una forza della natura: questa è la Maremma, questa è Be Vedetta, questa è Anna Barberini. E’ un’energia che corre veloce, a turbine, tra una distesa di poggi verdi e la costa di sabbia e di vigneti. E’ un sentimento buono che avverti ovunque, anche stando in panciolle sui lettini del laghetto del relais, languendo dolcemente tra cascate di gelsomini, api che danzano e il mondo intero ai tuoi piedi. L’Elba è laggiù; dietro, la Corsica. Intorno, una marea smeraldina di ulivi, cipressi, pini marittimi.

Be Vedetta è un luogo del cuore, immaginato e costruito da una furia benevola, visionaria e generosa. A Scarlino, su una collina a metà tra il mare e il centro storico, Anna ha cucito insieme opposti solo apparenti: lusso e ruralità, natura selvatica e comfort di livello, eleganza e autenticità. Il vortice buono, come una magia, ha trasformato il rudere in un relais a cinque stelle, circondato da un uliveto storico sottratto con caparbietà all’incuria e alle piante infestanti. Poi, non pago, ha iniziato a produrre olio biologico e in mezzo a quegli ulivi, tra un giro e l’altro,  ha sognato casette sugli alberi, diventate presto lodge di lusso avvolti dal fruscìo del vento e dal garrito delle rondini. E il palazzo di famiglia, affacciato sulla piazza del centro storico? E’ un attimo, e la frenesia costruttiva lo trasforma in un B&B di charme, una dimora dalle atmosfere d’antan poggiata sulla cresta di un cavallone verdeggiante.

Ogni camera, una foto. Ogni foto, una storia. Ma sarà Anna a raccontarvele, solo se sarete capaci di stuzzicare la sua vivace curiosità. Vi farà ridere, vi commuoverà, vi conquisterà, con quell’empatia schietta e genuina tipica di chi ha davvero molto vissuto. Senza ombre, senza compromessi, senza se e ma. Prendere o lasciare.

Be Vedetta è uno stato dell’anima. Te ne rendi conto quando ci torni, rientrando dalle innumerevoli destinazioni che la Maremma propone ogni giorno, da Massa Marittima a Castiglione della Pescaia, dall’Argentario a Capalbio, da San Vincenzo a Magliano. E’ un’attitudine, un approdo del corpo e dei pensieri, una dimensione “altra” capace di riconnetterci con la parte più profonda di noi stessi. Immersi in una natura mozzafiato e circondati da un mondo che non esisteva fino a ieri: quello di una donna capace di immaginare ciò che ancora non esiste e che, statene certi, è già al lavoro. Alla prossima idea.

Per informazioni: http:/bevedetta.com

 

 

 

 

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Il Pino Nero. Il gentil albero.

By 15 Dicembre 2017 Alberi Maestri
pino nero

Il Pino Nero. L’altruista del bosco.

E’ difficile scrivere del Pino Nero, albero schivo e gentile che vive in comunità poco appariscenti nelle zone submontane d’Italia. Parente di pini molto più noti, questo albero di prima grandezza eredita dalla sua famiglia il valore dell’immortalità, che ci ricorda con il suo colore sempreverde. Peccato che a smentirlo arrivi poi la processionaria, bruco brutto e urticante che ha fatto strage di lui in enorme quantità. aghi pino nero

Il suo corpo pretende poco e il suo animo è generoso e altruista: ovunque lo pianti, la terra diventa più fertile e le sue radici drenano l’acqua di piogge prolungate. Cresce in fretta generando pineta: per questo è un virtuoso dei rimboschimenti, anche dopo sciagurati incendi dolosi. Presenta varietà numerose, dai nomi che parlano d’Austria e somiglianze con il larice.

Spesso ha carattere relittuoso: cioè se ne sta lì, solo in quel posto lì, da chissà quanto tempo (come nella pineta di Villa Barretta, una delle più antiche d’Italia). Dà ombra, profumo e riparo nei boschi, anche quando fa temporale.

Genera lettiera feconda, buona per porcini e amanite, e la sua resina è un toccasana per tutti. Le sue gemme curano bronchiti e raffreddori, la sua ombra è preziosa per picnic estivi ed escursioni solitarie. Dal suo legno si ottengono tavolati e cellulose, legna da ardere e materiali di carpenteria.

In Abruzzo è protagonista forestale, nel Parco della Majella e nella Valle del Velino, presso le Cascate del Verde e nel Parco Nazionale d’Abruzzo. Popola alture su Sila e Aspromonte, non ha paura dell’Etna e cinge di sé l’Alta Val Trebbia e le Alpi Friulane; in Sardegna vive nella foresta demaniale di Anela, dove lo chiamano pinu nieddu.

Il Pino Nero è un gentiluomo, anzi, un gentil albero: essenza essenziale per l’ecosistema del bosco.

NomePinus nigra A. – Famiglia: Pinaceae – Curiosità:  Soffre l’inquinamento e la condivisione di spazio e luce con altre essenze.

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Bosco di San Francesco e Terzo Paradiso. La Assisi che non ti aspetti.

By 24 Ottobre 2017 Sbagliando Strada

Bosco di San Francesco e Terzo Paradiso. Verdi opere d’arte.

Bosco di San Francesco, Assisi: ecco un cammino che esce dal luogo comune, conducendo in un percorso di natura e spiritualità inatteso e di sacra intensità. Basta lasciarsi alle spalle la splendida Basilica Superiore di San Francesco e abbandonare l’andare spintonato della folla pellegrina: oltre il muro di cinta, sulla sinistra, un varco apre le porte della Selva di San Francesco, di proprietà del Sacro Convento, e introduce agli oltre 60 ettari di autentico paesaggio boschivo umbro, oggi del FAI, riportato in vita dopo anni di abbandono e comportamenti incivili, che ne avevano fatto la discarica abusiva dei dintorni.

Appena dopo la biglietteria, il profumo della resina e del muschio si impongono sul chiasso turistico oltre la cinta muraria. L’animo si predispone alla scoperta, guidata anche da una segnaletica puntuale ed esaustiva.

Il sentiero del Bosco di San Francesco scende a tornanti verso il fiume Tescio, sulle orme del santo patrono d’Italia, che qui veniva a ritirarsi in preghiera. Carpini, querce, ornielli. Ciclamini selvatici, biancospini, pungitopo. Ellebori, lecci, cornioli. E poi istrici, farfalle, fringuelli, capinere. Sparvieri perfino. Il bosco di San Francesco è un importante patrimonio di biodiversità, dove le essenze spontanee si accompagnano a coltivazioni umane, come testimoniano la presenza di ulivi  e alberi da frutto.

I resti di un monastero benedettino del XIII secolo, con il mulino, l’ospedale e la chiesa di Santa Croce, offrono ristoro e riposo dopo circa un’ora di cammino. Di particolare interesse qui è un affresco che riproduce la Croce senza il Cristo, diventata luogo di culto e di preghiera anche per fedeli di altre confessioni.

Una sosta, ed è tempo di scoprire il Sentiero del Terzo Paradiso : un’opera di land-art donata al FAI da Michelangelo Pistoletto. Il simbolo dell’infinito, riprodotto da decine di piante di ulivo, si arricchisce di un terzo cerchio e di un’antenna di acciaio, presentando una sintesi di simbologie tra la condizione umana, la natura e l’artificio.

Bosco di San Francesco: una passeggiata insolita, una meta amena e tutta da vivere. A piedi, e con il cuore.

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L’Elicriso. Il ciuffo che sa di liquirizia.

By 5 Maggio 2017 Alberi Maestri

L’Elicriso: il sole e l’oro in una pianticella.

Mare, sole, sabbia, vento.  Conchiglie e salsedine, risacca e caldo boia. E poi, un che di liquirizia tra un respiro e l’altro, nell’aria tutt’intorno a ridosso delle dune. Hai voglia a cercare qualche bimbo con golose caramelle. O gelati, o bastoncini neri rigirati in mezzo ai denti. Il profumo vien da là, eh sì, è proprio l’elicriso. elicriso valeria canavesi

Ciuffetti verdi argentati, fiorellini gialli ormai seccati: i capolini, capocchie di spillo dai mille benefici. Gialli dorati in primavera, di colore rosso bruno quando d’estate il sole li consuma.

Elicriso. Un profumo di curry e liquirizia, da sbriciolare secco con le mani e profumarci armadi, lenzuola e biancherie per il cambio di stagione. Lo trovi in leggende di pesca di Sicilia e di Sardegna o nei rimedi della nonna, che ti insegna a far tisane per curare tossi e raffreddori. Lo bruci nei camini per avvampare la legna quando è umida e il fuoco non attacca; ne fai corone per i morti, o pozioni magiche per trovare marito e avere figli.

I suoi mazzetti appesi in cucina deodorano la stanza per mesi interi; il suo distillato – da bere dopo cena – è un amaro digestivo, amarissimo in realtà, buono per rinfrancare il corpo  e le parole (poche) di pastori stanchi.

Lo trovi sui dirupi e sulle spiagge, in distese aride dove batte sempre il sole. Cespugli e ciuffi a cui non dai due lire, visti mille volte ma guardati mai. Però… se li annusi, allora sì, che cogli il fiore e il suo significato. Perché mica scherza, il piccoletto. Tanti i soprannomi che san di eternità ma il nome, quello è uno: Helios come il Sole e Chrysos come l’Oro.

Nome: Helichrysum italico – Famiglia: Asteraceae  – Curiosità: Perpetuino, Sempiternu, Everlasting Flower: nei soprannomi, la sua persistenza eccezionale.

 

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Masseria Trappeto del Re. Il regno di Maria Antonietta.

By 30 Maggio 2016 Filo di Perle

Alla Masseria Trappeto del Re, il vero lusso della vita: eleganza, natura e accoglienza autentica.

Ulivi secolari attorcigliati dall’età e dal vento. Agrumeti, muretti a secco e fichi d’India. Il mare cristallino di Fasano a meno di un chilometro. E poi, all’improvviso, la luce cangiante che abbaglia lo sguardo: eccole, le forme squadrate in calce bianca delle storiche residenze rurali di Puglia. Ed ecco la Masseria Trappeto del Re: oggi oasi di incanto e relax, ieri sede dell’antico frantoio regio (ancora visibile sottoterra appena fuori dall’edificio centrale).

trappeto del re 3L’arrivo qui ha l’effetto di un approdo sicuro, al riparo dai marosi dello stress, del chiasso e degli standard irragionevoli di un turismo che sciabatta su percorsi obbligati e falsamente democratici. Qui regnano la calma, l’amore per i dettagli e la qualità della vita, invertendo a U le regole ottuse della gestione del territorio, che lisciano il pelo ad aquapark e Archeolidi deridendo Egnazia, le sue mura a mare e una grandezza colpevolmente dimenticata.

Ma non da tutti. E non da noi, guidati da una padrona di casa che ama sinceramente i suoi luoghi e la sua terra: Maria Antonietta, che della famosa regina non ha soltanto il nome. E’ lei ad aver progettato le due eleganti suite della masseria, in ogni prezioso dettaglio. E’ lei che prepara marmellate, torte e leccornie di ogni tipo per la colazione sul “terrazzo prua” della casa, dominante il mare e gli uliveti. E’ lei che (ma solo se le andate a genio!) vi inviterà a cena o a fare le orecchiette con mamma Maria, amabile interprete di una sapienza che staresti ore ad ascoltare, senza più muoverti da lì.

E’ sempre Maria Antonietta che ha trasformato lo spazio antistante le stalle in un giardino delle delizie: gli ospiti ne possono usufruire liberamente, senza doverlo condividere con nessuno. All’ombra di un fico e di un carrubo secolare, si chiacchiera, si riposa, si prende il sole. O anche, ci si perde nei pensieri ammirando le ninfee della fontana. Il tempo intanto va, seguendo un ritmo tutto suo e disegnando intorno agli ospiti un’oasi di quiete e di bellezza.

Intorno, numerose opportunità di piacere e di scoperta: il borgo di Savelletri e i suoi pescatori, il Canale di Pirro e le sue vigne, la Selva di Fasano e la sua vista spettacolo. E poi, poco oltre, Alberobello, Cisternino, Polignano a Mare e tutte le meraviglie che la Puglia racconta al mondo da sempre.

Il punto è un altro, però. Perché è facile entrare alla Masseria Trappeto del Re. Difficile, tanto, è uscirne.

Per informazioni: http://www.masseriatrappetodelre.it/home_ita.html

 

 

 

 

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Al Salone del Mobile 2016 va in scena la celebrazione dell’italianità.

By 16 Aprile 2016 A Ruota Libera

Salone del Mobile 2016. Comanda il Made in Italy più autentico.

Mobili icona, firme storiche, heritage che affondano le proprie radici nel tempo, nel talento e nel territorio italiano: al Salone di Milano 2016, chi ce l’ha sfoggia tutta la propria italianità. Da Vico Magistretti a Gaetano Pesce, da Mario Bellini a Piero Bottoni, dalla Puglia al Veneto, da Livigno a Sorrento, è tutto un viaggio in un patrimonio nazionale che mai come oggi è capace di parlare il linguaggio del presente e di ispirare rinnovata modernità.

Sarà che la bellezza, quella vera, non conosce il passare del tempo. Sarà il bisogno di certezze e rassicurazioni. Sarà pure che a guardare certe creazioni ci si stupisce ancora come un secolo fa. Ciò che salta agli occhi è che, al di là di provocazioni più o meno furbe (che trionfano soprattutto tra gli eventi del Fuori Salone) ciò che resta nella mente a fine giornata sono ancora loro: i protagonisti della storia italiana del design e dell’arredamento.

valeria canavesi salone 4Zanotta, Cassina, Riva 1920. Poliform, Kartell, Meritalia, Lago. Natuzzi Italia, Poltrona Frau, Valsecchi 1918. Ogni stand è una tappa che esprime alta artigianalità, conoscenza dei materiali, creatività funzionale, sapienza nel cuore e nelle mani. Un patrimonio che mai come in questa occasione si palesa a ogni passo, liberi da certe soggezioni provinciali a cui noi Italiani cediamo con facilità quando calchiamo palchi internazionali.

Chi scrive è consapevole che sarebbe troppo semplicistico ridurre il Salone del Mobile 2016 a uno show off dell’italianità. Eppure è proprio in questo contesto, capace come pochi altri di radunare in Italia il mondo intero, che si palesano con fierezza il valore, il prestigio e la qualità del Made in Italy più autentico.

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Nel Cilento. Invito al viaggio in un territorio spettacolare.

By 5 Aprile 2016 EBOOKS

Nel Cilento è un ebook dedicato a un luogo unico, capace di sorprendere e tramortire.

Per smartphone, tablet, pc: scarica e acquista su Book Republic & Mondadori Store

Per Kindle: scarica e acquista su Amazon

Per iPad & Mac: scarica e acquista su iTunes

Potete anche non partire, sarà la lettura a portarvi via. Nel Cilento è un invito al viaggio che vi accompagna passo passo alla scoperta di un territorio potente, capace di stupire come pochi altri, diventato Parco Nazionale prima e Patrimonio Unesco poi. Centinaia di foto, link, dritte e ricostruzioni storiche si aggiungono a una narrazione suggestiva come i luoghi che vengono raccontati.

Dal mare alle foreste, dalle spiagge alle nevere del Cervati. Dai baroni Sanseverino al brigante Tardio, dalla dieta mediterranea alle grotte di Castelcivita. Dai templi di Paestum alla Certosa di Padula, dai fiumi portentosi alle cascate di muschio. Nel Cilento è un libro che viaggia su e giù per strade e tornanti, delineando un percorso che segue le leggi della storia e della natura, riservando tuffi al cuore e svariati colpi di scena.

Nel Cilento è una guida per chi si vuole godere il viaggio anche di persona: alle informazioni di tipo generale aggiunge segnalazioni di locande meraviglia, resort seicenteschi, eccellenze del territorio ed esperienze autentiche, davvero lontane dai cliché che spesso accompagnano i racconti di questo territorio unico.

Il libro è dedicato al sindaco pescatore Angelo Vassallo, che più di tutti comprese il valore del Cilento.

cilento cover

INCIPIT

E’ un pugno, il Cilento. Un pugno di pietra conficcato tra il mare e la pianura. 

Il colpo arriva secco: qui comanda Madre Natura e non ammette discussioni. Si impone con la potenza delle sue foreste, delle sue dolomiti infilzate sulla costa o tra le montagne. Con le grave, gli orridi e gli inghiottitoi, aperti come brecce nella roccia da fiumi fieri, che non ubbidiscono a nessuno.

Grotte, dirupi, scogli a finestra. Faggete secolari, tramonti roventi, borghi rapaci.  Memorie di miseria e nobiltà, covi di briganti.  Strade ritorte al passo di santi, filosofi, eroi e assassini.

E’ un pugno, il Cilento. Puoi schivarlo e correre via, abbandonando il campo. Oppure puoi restare, sfidando le emozioni, la fatica, il batticuore. E lasciarti tramortire.

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Al Sacro Monte d’Orta. Viaggio tra natura, arte e spiritualità.

By 23 Gennaio 2016 Sbagliando Strada

Sull’altura sopra Orta San Giulio c’è il Sacro Monte d’Orta: un luogo d’incanto, dedicato a San Francesco d’Assisi.

Una Riserva Naturale. Un parco di faggi, querce e agrifogli. Un panorama da cartolina sul Lago d’Orta. Siamo al Sacro Monte di Orta, dove il tempo si è fermato e dove, una volta entrati, viene spontaneo alzare lo sguardo e abbassare subito la voce.

Il luogo è diventato Patrimonio Unesco nel 2003 e fu progettato dall’architetto cappuccino Cleto da Castelletto Ticino su commissione dell’abate Canobio come connubio ideale tra fede e natura, dedicato ai pellegrini di ogni tempo e classe sociale. La devozione a San Francesco si esprime in 21 cappelle collocate nel parco, che le circonda e protegge attraverso un percorso suggestivo che si snoda tra alberi, colori e profumi di bosco.

Ogni cappella è dedicata a un momento della vita del Patrono d’Italia, forse il santo più venerato di tutti: la sua nascita, la sua conversione e la sua storia sono raccontate in ogni cappella attraverso scene di grande effetto, comprensibili anche ai fedeli non istruiti del tempo. Ogni fase della vita di san Francesco è accuratamente ricostruita con dipinti e statue in legno ad altezza naturale, in taluni casi presenti in grandi quantità (come nella scena dedicata alla visita al Papa, dove si contano decine e decine di statue diverse). L’inizio dei lavori si data al 1590, ma costruzioni e allestimenti si protrassero per più di un secolo: questo spiega la differenza di gusto e riferimenti stilistici tra una cappella e l’altra, a cui lavorarono di volta in volta vari artisti, e anche artigiani locali.

Passeggiando tra un tempietto e l’altro si viaggia un po’ anche dentro se stessi: la natura induce al silenzio, alla riflessione, alla contemplazione. Tra alberi centenari e viali ombrosi, si aprono scorci meraviglia sul Cusio: l’Isola di San Giulio trionfa in mezzo al lago, ma si riconoscono con facilità anche i paesi della sponda occidentale (Pella, Cesara) e il Santuario della Madonna del Sasso, che svetta sul suo sperone eterno di roccia e granito. Indubbio il valore del parco anche in termini paesaggistici e naturalistici, motivo per cui il Sacro Monte d’Orta è diventato Riserva Naturale nel 1980.

L’invito è alla scoperta: a sole due ore da Milano si entra in una dimensione di bellezza e quiete, concedendosi una pausa da dedicare a se stessi, al paesaggio e – ancora una volta – all’incredibile ricchezza del nostro Paese.

Orari & Informazioni: www.sacromonte-orta.com

 

 

 

 

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Betulla. La dama bianca.

By 3 Dicembre 2015 Alberi Maestri

La betulla è un albero di luce, elegante e misterioso: una vera signora del bosco.

La betulla è un albero affascinante, che attira da sempre le attenzioni dell’uomo. La sua corteccia bianca è il segno particolare con cui la si impara da bambini e poi non la si dimentica più. E’ la dama del bosco, grazie al suo portamento elegante e alle sue forme  slanciate e aggraziate, mai troppo alte, né troppo invadenti. Ama stare in compagnia, e non è raro trovarla nelle cerrete, nelle faggete e anche tra i larici e i pecci.

betulla valeria canavesi 2La betulla è un albero del freddo, che accompagna i paesaggi del Nord dal circolo polare artico fino agli Appennini. La troviamo nelle illustrazioni delle fiabe russe, accanto alle isbe o nelle tundre coi lupi; per gli sciamani siberiani è l’albero cosmico: la pianta della vita. Compare tra le piante di San Giovanni e del solstizio d’estate, perché le corone dei suoi rami esposte fuori dalle porte proteggevano stalle e proprietà dagli spiriti del male.

Predilige il fresco, e al vento sa far suonare le sue foglie a forma di cuore. E’ leggera e sinuosa, ma anche incredibilmente resistente: può sopportare temperature rigide, anche sotto i 20°C. L’aspetto non vi inganni: il suo legno vibra e batte come i bastoni dei pastori ed è tra i pochi adatti a fare da traverso nelle slitte; le sue radici sono possenti, tra le più forti nell’imbracciare il terreno scosceso di scarpate e pendii. La betulla possiede anche proprietà drenanti e diuretiche: le sue foglie, i suoi germogli e la sua corteccia sono utilizzati da sempre per tisane dagli effetti benefici e purificatori, che la resero famosa nei secoli scorsi con l’appellativo di Pianta renale d’Europa.

Mauro Corona la definisce “la regina del bosco” e Mario Rigoni Stern, nel suo Arboreto Selvatico, ne parla così: “Delle betulle non capivo la bellezza; vicino a loro giocavamo in primavera quando scioglieva la neve, senza alzare gli occhi ai loro rami celestiali. E l’uso dei nostri antichi, che a maggio manifestavano il loro amore alle ragazze del villaggio con rami di betulla appena sbocciati posti davanti agli usci delle loro case, si è perduto a contatto con la civiltà mediterranea.”

Si presenta in varie specie: c’è la Betula pubescens, pendula verrucosa; si trova quella alba e anche quella nigra. Sull’Etna c’è la Betula aetnensis, specie endemica dalle dimensioni più ridotte. In Italia cresce sulle Alpi e tra gli Appennini: gli esemplari più maestosi si stagliano nei cieli di Merano, a ridosso del fiume, e a Burano, nei pressi dell’imbarcadero. Betulle monumentali sono sul Monte Ferro (in provincia di La Spezia) e al Pian delle Betulle, in Alta Valsassina (in provincia di Lecco). Alla Caldara di Manziana, nel Parco Naturale di Bracciano, si trova un relitto post-glaciale di questi alberi candidi, insolitamente presenti a queste latitudini. Purtroppo, come tutte le cose belle, la betulla ha vita breve e difficilmente supera i 60/70 anni di età.betulle valeria canavesi

Nome: vari, a seconda delle specie

Famiglia: Betulaceae

Curiosità: dalla sua linfa zuccherina si ottiene, dopo apposita fermentazione, una bevanda chiamata Birra di Betulla

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