Monguelfo è un paese schivo ma molto generoso: tanti i tesori che vi aspettano qui.
Molti ci passano vicino senza neanche accorgersene, ed è quello che Monguelfo vuole. Il paese, incastonato tra Brunico e San Candido, lambito appena dalla Statale 49 della Valle Pusteria, non fa davvero nulla per attirare l’attenzione. L’unico cartello pubblicitario sulla strada è per la Valle di Casies e per la sua annuale gara di sci di fondo. Nient’altro.
Eppure Monguelfo merita una sosta, perché proprio qui, circondate dai boschi di cirmoli e abeti rossi, si nascondono scoperte per nulla scontate. Quattro passi in paese ed ecco subito le fontane: sono quasi una trentina e offrono un’acqua dalle ottime proprietà benefiche. Ce ne sono tante, disseminate nelle vie del centro e anche nelle stradine meno frequentate. Ce n’è una anche nella piazza di Santa Margherita, accanto alla quale svetta un’edicola affrescata nel Quattrocento dall’illustre bottega di Michael Pacher.
Negozi, artigiani, hotel e ristoranti accompagnano la passeggiata e se si è stanchi il parco pubblico Prenninger è lì ad aspettarvi a braccia aperte. Giochi d’acqua e per bambini, panchine e campi sportivi accolgono i passanti a bordo del fiume Rienza, ombreggiati da grandi latifoglie piantate qui per volere dell’imperatore Francesco Giuseppe. Il sovrano sostò a Monguelfo alcuni giorni, soggiornando nel candido palazzo Zellheim sulla strada che conduce in paese.
Il tempo di visitare la chiesetta di Maria am Rain ed è tempo di prendere la strada che sale in Valle di Casies. A piedi sul vecchio tracciato o in auto sulla provinciale 46 è questione di un chilometro, massimo due. Ed ecco il castello medievale, con il suo imponente mastio di 40 metri. Il consiglio è quello di contattare l’associazione e organizzare una visita guidata: tra le mura merlate, nel silenzio del bosco rotto soltanto dallo scroscio del torrente Pidig, le emozioni non deludono. Si resta affascinati dalle sale con le stube in cirmolo; atterriti dai cunicoli bui dove un tempo venivano gettati i prigionieri; ammirati per lo stato di conservazione dell’edificio e delle cappelle (una romanica e una cinquecentesca).
Il maniero fu costruito nel XII secolo dalla famiglia Welsperg: diede il nome al paese ma fu detestata dai suoi cittadini per le vessazioni a cui li costringeva. Fino alla vendetta finale: nel 1765 un rogo di origine dolosa devastò il castello insieme a quello di Thurn, sempre di loro proprietà. I resti di questa fortezza resistono a lato della provinciale, proprio di fronte al castello principale, controllando ancora oggi ogni accesso da e per la valle soprastante. E sono proprio i due manieri a salutarci: lentamente, a voce bassa, sussurrando un dolce “Auf Wiedersehen”.